Le Terre di Lorenzo
Skip

La Volpe di Versailles

Post has published by Jason M.

«Colì potete ammirare un raggiante ginepro che diffonde i propri rami al cielo come fossero anse d’un fiume, portato qui ben ottanta anni addietro»

Il luogotenente Gabriel Nicolas de la Reynie spostò il guardo verso la maestosa reggia, astro di Versailles, e vide Sua Signoria camminar baldamente giù per la scalinata.

«Miei Signori, mi scuserete per codesta interruzione. A voi la grande visione di Sua Maestà, il re!»

Quando ‘l signore fu affianco ai nobil uomini egli sollevò un mano e un debol spruzzo d’acqua si levò dalla fontana per colpire in volto i Signori in adorazione. Una fragorosa risata fuoriuscì spontaneamente da Sua Signoria che rassicurò i presenti.

«Destatevi dal vostro sonno miei Signori, oggi è un dì da festeggiare. Lasciatevi corrompere da qualche languida risata, l’impero Asburgico si è arreso alle nostre forze! La francese armata è stata capace di rotolare sul carapace i soldatucoli germanici e noi potremo finalmente così farci carico dei vicini territori e dei popoli della repubblica delle Province Unite. Gioite perchè questo innocente scherzo rappresenta un mare di ricchezza per il nostro paese!»

«Maestà, la ringraziamo per questa lieta notizia. Riveriamo nei suoi confronti al sapere di questa Sua grande conquista, ci inginocchiamo umili al suo cospetto»

Ogni nobil uomo, seppur bagnato dalla testa ai piedi dall’acqua della fontana, si prostrò a terra in rispetto della grande e celebrata figura del re di Francia: Luigi XIV.

«Seguitatemi orsù, vogliamoci verso la splendente reggia e procediamo nei nostri sfarzosi lazzi per celebrare questa imponente vittoria»

Il corteo di nobil’omi si mosse come unico corpo verso Versailles, mormorando per non importunare il lieto passo del Re, svegliatosi poc’anzi per accogliere i convivianti in tal atteso dì. Addentrati nella reggia il Re si ritirò nelle stanze sue per completare il sonno e così fecero i nobili a lui seguitando. Le cucine stavano per riaccendere i fuochi per preparare il gran banchetto che si sarebbe consumato i seguenti giorni per render festa della vittoria della francese armata, ma in quel singolare momento la calma di Versailles avrebbe colpito nell’animo chiunque, come Odisseo nel mare, si fosse avventurato tra i suoi corridoi irradiati da fiacche lanterne sulli alti muri.

Gabriel balzettava su e giù per i corridoi pensieroso. Il suo incarico presso la reggia era insuperabilmente vantaggioso per la sua vita, ma egli era timoroso per la pressione posta tra le sue spalle per un tal altisonante impegno. Gli intendenti erano il nuovo apparato di pulizia dalla corruzione e dalla criminalità tutta della città e del regno, la quale efficacia sarebbe stata certificata in tali giorni. Perso tra i suoi labirintici pensieri, Gabriel non si curò del servetto che affannosamente corse in sua direzione.

«Luogotenente maestoso, un dramma è accaduto poc’anzi. Il marchese di Aix-en-Provence è stato scovato senza una goccia di sangue in corpo nella sua stanza da letto! Il re non è ancora stato avvisato e sarà lei a doverglielo dire. Altro uomo ugualmente fidato non vi è in tutta la reggia che possa comunicare una così delicata notizia a Sua Maestà»

«D’accordo, parlerò io al re, ma prima voglio accertarmi delle condizioni del compianto. Dove si trova la sua stanza?»

«Là vi porterò, se mi segue»

La traversata si fece cupa e il camminare era sempre più difficoltoso per Gabriel come una pesante armatura che gli occludeva il corpo.

«Ecco, oltre quell’angolo si trova la stanza del nobile. Entri ed esamini il corpo. Tragga le sue conclusioni signore»

«Cos’è questo tanfo? Sembra che il cadavere sia fuori dalla stanza»

«Si tratta di un servo signore. Sembra che sia stato ucciso, forse nella fuga dell’assassino, ma non si preoccupi per lui, quel corpo possiamo nasconderlo ma la morte del marchese non può essere nascosta a lungo»

«Fermo, non un corpo va toccato senza il permesso del sottoscritto. Devo scoprire chi è stato ad ucciderli e tutto va tenuto così com’è per poter seguitare correttamente gli indizi»

«Certamente signore, mi scusi. Proceda»

Gabriel si chinò sul cadavere del servo fuori dalla stanza. Aperse la mano e vide un pugnale insanguinato, forse aveva tentato di duellare con il furfante prima della fuga e l’aveva ferito. Gabriel continuò ad esaminare il corpo e notò che la pelle di dita e viso aveva un colore pallido-violaceo e la bocca era spalancata. Sul collo vi erano dei graffi e la trachea sembrava rotta, ma tralasciati quegli non vi erano altri segni di combattimento. Gabriel si elevò di nuovo in piedi e si diresse cautamente verso la stanza del marchese.

«Qual era il nome?»

«Renard, marchese di Aix-en-Provence. Arrivato un ciclo di luna addietro a palazzo, ha passato diverso tempo con Sua Maestà prima di ritirarsi la scorsa notte nelle sue stanza per poi abbandonare il nostro mondo»

Nell’anticamera dell’alloggio vi era un piccolo carrello da cucina con una straordinaria presentazione di pollo su letto di patate. La vivanda era ancora calda, questione ambigua in quanto le cucine dovevano ancora aprire i battenti. Gabriel proseguì ed entrò nella camera da letto vedendo il corpo del defunto marchese disteso sul letto ma cadente sul tappeto inporporito dal sangue che sgorgava dalla ferita in pieno petto. L’uomo aveva una barba curata e una folta parrucca bianca che si stava sfilando dalla sua testa lucida come un cristallo. Era oramai ovvio: il marchese era stato trafitto ammorte. L’espressione dell’uomo era corruccia, aveva lottato come un gladiatore con tutto se stesso contro l’assalitore ma non era riuscito ad averla vinta. Chi era potuto esser così violento da ordire questo atto cainico? Il servo fuori dalla porta forse, ma come morì? Era stato messo a tacere a sua volta, forse asfissiato a morte. Forse fuori dalla camera del marchese v’erano più indizi di quanto s’avesse notato. Gabriel si diresse nuovamente al di fuori, vicino al primo cadavere inspezionato, per capire davvero come fosse morto.

La causa della scomparsa era senza dubbio alcuno ipossia, mancanza d’aria. L’ipotesi di uno strangolamento spiegava a puntino il colore cianotico della pelle e i segni sul collo ma ancora era impossibile capire perché egli avesse un coltello macchiato di sangue nobile tra le mani. Gabriel sosteneva che il servo, dopo aver ucciso il marchese, fosse stato scoperto da qualcuno e ucciso per le sue azioni riplorevoli, ma bisognava ancora trovare questo vigilante all’interno della reggia.

Per prima cosa l’indizio più fresco era la pietanza nella camera del marchese. Il primo compito che si diede Gabriel fu quello di capire come le cucine avessero potuto sfornare quel pollo quando ancora non avevano aperto i battenti. Egli chiamò con sé il servetto e si diresse celermente nelle cucine.

«Ha intenzione di proporre al Re di questo problema?»

«La gioia per la vittoria sull’esercito asburgico non deve svanire. Se sarò in grado di risolvere questo mistero entro il gran banchetto, non vi sarà necessità alcuna di avvisare Sua Maestà»

«Certamente signore. Da dove pensa di partire?»

«I forni dovevano essere chiusi quando quel piatto è stato scottato, dobbiamo capire se qualcuno avesse iniziato prima dell’apertura ufficiale»

Approdati nel salone dei cuochi, tutt’era in subbuglio in preparazione del grande banchetto del Re. Decine di camerieri si disposero davanti a Gabriel per riverire di fronte al novello luogotenente.

«Mi scuserete, ho necessità di parlare con il capo-cuoco»

«Certamente signore!»

Esclamarono in coro i camerieri, facendosi da parte e indicando la via. Il capo-cuoco era un ometto che non svettava tra gli altri, con lunghi baffi che partivano dalle rosee guance. I capelli radi erano nascosti sotto l’ampio cappello bianco che come una nuvola in un ciel sereno aveva sotto di sé un raggiante sorrisetto beffardo.

«Quale onore la porta a unirsi a noi, di così bassa elevatura, mio signore?»

«Abbiamo riscontrato un problema in una camera. È stato preparato un piatto fuori da orario di apertura di questo locale, come è possibile? Qualcuno ha forse accesso alle cucine?»

Il sorriso del capo-cuoco scomparve velocemente e la sua espressione si fece dapprima pavida e conseguentemente preoccupata.

«Nessuno al di fuori delle guardie e di me ha le chiavi mio signore, e io sono appena arrivato come può ben vedere»

Il grembiule dell’uomo non era ancora allacciato e tutti gli altri cuochi si stavano ancora mettendo in posizione davanti alle loro postazioni.

«Certo. Sa qualcosa sulla preparazione di un pollo arrosto su letto di patate? Era per caso stato commissionato da qualcuno?»

Mentre poneva quella domanda, Gabriel notò che un cuoco si stava defilando velocemente dal locale.

«Non ne so nulla. Tutto ciò che eseguiamo noi è su ordinazione soltanto del Re e ciò che dobbiamo preparare ci è stato commissionato questa mattina, nessuno avrebbe fatto in tempo a preparare alcunché in così poco tempo»

Gabriel era dubbioso. I tempi non coincidevano e se davvero nessuno aveva accesso alle cucine quel pasto doveva venire da fuori del palazzo, ma quel fuggiasco uomo lo insospettiva.

«La ringrazio, il suo aiuto è stato illuminante»

Gabriel uscì con il servetto al suo seguito che sembrava impaziente.

«Signore, il capo-cuoco sembrava spaurito come un pover uomo di fronte ad un creditore, crede che stesse mentendo?»

«Ne sono quasi sicuro. E poi quel cuoco, si è defilato mentre parlavo. Dobbiamo scoprire dove è andato e perché è fuggito così»

Mentre parlavano, Gabriel udì delle urla in lontananza, fuori dalle mura della Reggia.

«Al fuoco! Al fuoco!»

Gabriel corse verso la fonte delle grida fino ai Reali giardini e vide che buona parte degli alberi, che circondavano i grandi canali, stavano bruciando sotto uno scrosciante rumore di braci infernali.

Veloce come un colpo di baionetta, Gabriel raggiunse le fiamme che si spandevano sempre di più su tutto il possedimento del Re.

«Chiama le guardie! Dobbiamo attivare le canne delle fontane!»

«Cosa? Quali canne?»

«Sua Maestà ha fatto installare dei giochi d’acqua su tutte le fontane dei giardini per giocare con i suoi ospiti. Dobbiamo attivarle per placare l’incendio!»

«Subito signore»

Il servetto si allontanò per chiamare aiuto, mentre Gabriel provava a circoscrivere l’area bruciata, nel tentativo disperato di limitare i danni alla flora della reggia. In poco tempo la pressione nelle tubature di Versailles si fece elevata e un importante getto d’acqua spense il fuoco che consumava le lignee colonne dei giardini.

Qualcuno stava tentando di sviare le indagini, la questione era più estesa del previsto. Gabriel doveva trovare i colpevoli prima che la notizia potesse sfuggir lui di mano e uscire da Versailles. Frenato l’incendio, il luogotenente tornò a palazzo per ricominciare a parlare con il capo-cuoco. Gli stava nascondendo qualcosa e l’uomo scappato dalle cucine era sicuramente implicato. Con passo pesante e rabbioso Gabriel tornò nella sala delle cucine e urlò a gran voce il nome del capo-cuoco che, terrorizzato, saltò dalla paura.

«Chi era quell’uomo che è scappato mentre discutevamo? Parla!»

«Non lo so! È uno dei miei uomini ma non li conosco capitamente! Mi hanno chiesto di rendere disponibile qualcuno e ne ho scelto uno sorteggiando!»

«Chi te lo ha chiesto? Disponibile per cosa?»

«Non posso! Il Regno me lo impedisce»

«Il Regno? Cosa significa? Io rappresento il corpo di giustizia del popolo, come posso essere tenuto all’oscuro di tali dettagli?»

«Non parlerò. Mi è stato chiesto da cariche più alte di lei di rimanere silente e così farò»

«Io prendo ordini solamente dal Re, vuoi dire che è stato lui a ordinarti l’omertà?»

«Non andrò oltre. Le sue indagini devono cessare signore»

Gabriel era confuso. Come mai il Re, a cui la notizia dell’omicidio andava ancora annunciata, aveva ordinato di tacere a riguardo? I pezzi non quadravano proprio e la situazione andava risolta.

Gabriel lasciò il servetto e vagò per le stanze di Versailles cercando di ragionare: qualcuno doveva aver ricevuto un ordine diretto del Re di taccere su qualsiasi cosa fosse successa quella mattina. Ma per quale motivo Renard fu ucciso e perché il Re voleva che non si sapesse di questo omicidio al di fuori di Versailles?

Gabriel continuò a girare per le ampie stanze dell’astro franco, con i suoi passi che facevano eco sulla marmorea pavimentazione e rimbombavano tra le spesse pareti. Per distrarsi si diresse nell’appena completata Galleria degli specchi, forse la più famosa sala del palazzo. Le imponenti lastre di vetro sovrastavano la testa di Gabriel, perso nella sua immagine. Nello specchio vide la bandiera del grande stato francese, issata con forza da cinque uomini, che sventolava come le onde del Mediterraneo. Guardando tutti quegli specchi gli tornò in mente una poesia:

Per il riflesso di tanti specchi

il fuoco di tutti i diamanti che adornano la corte

rende la notte oscura luminosa come il giorno

Si era appena conclusa quella che gli storici avevano incominciato a chiamare “Guerra degli specchi” e Venezia ne era uscita vincitrice ma l’invenzione di Perotto aveva dimostrato la superiorità di Sua Maestà dinnanzi alla Serenissima.

Da tempo ormai Venezia e la Francia si contendevano il primato nella produzione degli specchi più pregiati e ricchi, e guai a chi osasse darla vinta al nemico. La sfida divenne così tesa che addirittura vennero inviate spie in entrambi i territori per rimediare la ricetta più operosa ma tutto ciò finì in tragedia. Quando l’alto ministro Colbert inviò un manipolo di spie, poco dopo la morte dello zio di Sua Maestà, la portuale città italiana catturò quegli uomini e li uccise in maniera straziante. La repubblica disse che gli operai francesi si trovavano all’altro mondo, non sbilanciandosi se fosse stata una morte per cause naturali o artificiali, ma tutti nella madrepatria sapevano che era stato usato il veleno per concludere la loro gloriosa vita e così la guerra raggiunse il suo culmine.

Pochi anni addietro però il grande Bernardo Perotto superò in bravura i manufatturieri Veneziani e promise di creare specchi alti più di sei piedi demolendo l’attenzione verso la Serenissima. Ma tutto quello che era successo oggi a palazzo ricordava a Gabriel di questa guerra. Che c’entravano ancora i segreti della fabbricazione degli specchi? Il luogotenente corse verso la stanza di Renard, per analizzare nuovamente il cadavere del servo e scoprire la sua reale causa di morte. Gabriel aprì la bocca del servo e ne analizzò le arcate dentali. Vi erano ancora rimasugli di patate dal suo ultimo pasto…forse non così passato. Il pugnale tra le mani dell’uomo era un indizio inequivocabile: egli aveva ucciso Renard! Ma come era morto a sua volta il servo? Il piatto posto sul tavolo della stanza era composto da un pollo arrosto su letto di patate, e se egli avesse mangiato delle patate come premio per un lavoro compiuto come la medaglia per l’onorevole soldato? I sospetti si moltiplicavano ma per prima cosa Gabriel doveva assicurarsi che quel pasto fosse la causa del soffocamento. Si avvicinò al piatto e lo annusò: non era più caldo pertanto l’odore di pollo e patate era svanito ma si sentiva ancora un vago odore di… mandorle! Questo confermava del tutto le ipotesi di Gabriel: cianuro. Ma perché avvelenare il piatto di un nobile per poi ucciderlo con un pugnale? E come mai il servo non sapeva della mortale portata?

Le domande balenavano nella mente di Gabriel mentre cercava di fare chiarezza. Improvvisamente, alle sue spalle, un uomo ben vestito comparve sulla porta.

«Signor de la Reynie, le chiedo per il bene del Regno di cessare le ricerche che il suo incarico l’obbliga a svolgere»

Gabriel si voltò velocemente e indispettito.

«Ancora con questa scusa? Chi siete Voi?»

L’uomo estrasse da una borsa al suo fianco una pergamena che porse a Gabriel.

Con la seguente missiva io, Luigi XIV,

concedo al possessore della suddetta la piena libertà nell’uso di ogni

mezzo possibile per difendere con forza l’operato del Grande Regno di

Francia sotto il guardo vigile di Bernardo Perotto per la miglioria della

Galleria degli specchi, che adornerà e donerà sfarzo alla corte della Reggia

di Versailles dove risiedo con la corte tutta

Gabriel era sconvolto: il Re aveva concesso a quell’uomo di combattere chiunque avesse tentato di scoprire i segreti della fabbricazione degli specchi!

«Usare il veleno non è stato il mio primo pensiero. Il pugnale sarebbe stata una fine più onorevole lo ammetto, ma il servo a cui avevo assegnato il compito non era un combattente e temevo non sarebbe riuscito a portare a termine la consegna. Chiamai quindi un cuoco, in segreto, per preparare in esclusiva quel piatto che vedete davanti a voi. Il capo-cuoco mi fornì quindi un uomo e per togliermi ogni dubbio avvelenai il piatto, per assicurarmi la morte dell’uomo. Ma questo l’aveva già capito per sua ragione se è tornato in questa infausta stanza»

«Chi è in realtà il compianto?»

«Il vero nome di Renard era Marco Contarin, operaio di Venezia. Inviato dalla repubblica per scoprire la verità sugli specchi di Versailles. Non è mai nemmeno esistito nessun marchese di Aix-en-Provence. La vendetta per ciò che ci fecero negli anni ’60 è arrivata tempestiva, mi dispiace solo di non aver avvisato il servo della pericolosità del piatto, che gli fu così fatale»

Gabriel era sconvolto. Questo omicidio non poteva uscire da palazzo, come tutti già il dissero. Sapere che la guerra degli specchi stava continuando non avrebbe giovato e tutto questo andava nascosto agli occhi dei cittadini.

«Quindi, questi corpi verranno semplicemente buttati da parte?»

«Non piace a nessuno, ma per il bene del Regno, come già dissi, dovrò farlo»

Gabriel uscì dalla stanza, turbato dall’esito inaspettato e ingiusto delle indagini. Il suo rigore gli imponeva di denunciare tale accaduto ma l’amore per la patria gli definiva nella mente l’idea di terminare questa guerra insensata nata all’insegna dello spionaggio.
Le campane della città risuonarono festose per la vittoria militare francese e il Re si svegliò. Egli si affacciò dalla finestra della sua camera e osservò l’immensa distesa verde dei suoi giardini. La furbizia era stata una caratteristica fondamentale per il suo regno, ma nessuno avrebbe mai potuto immaginare di quanta fatica e quanti occultamenti ci fossero in un epoca così prospera. Tutto il duro lavoro fu ripagato dall’eterna gloria intorno al nome di Luigi XIV, consapevole che i segreti del suo palazzo sarebbero rimasti segreti per l’eternità.

Facebook Twitter WhatsApp